Chi dona un ricordo dona un'emozione
Ogni paesaggio, così come ogni sasso, porta in sé i segni delle sue vicissitudini, ma la sua storia diventa nota solo a chi si ferma ad osservare e si sforza di interpretare.
Ecco chi è la memoria storica di Corvara.
Luciano Paganini è sempre stato un appassionato osservatore incuriosito da molte delle cose che lo circondano sin da quando era un bambino, così, crescendo e maturando, ne ha cercato le origini conducendo gli studi necessari per risolvere tutti quei perché che via via la sua mente si poneva. Le sue numerose ricerche bibliografiche hanno contribuito alla stesura, assieme allo scrittore Luca Calzetta (anche lui originario di Beverino) del libro sulla storia del borgo e alla redazione del dépliant turistico, sempre su Corvara, con Roberta Cibò.
Per il suo impegno e per il patrimonio di nozioni storiche che conserva nella sua mente, Luciano, è stato ufficialmente nominato dal sindaco del paese di Beverino "Memoria storica di Corvara". Oggi è una delle persone più apprezzate anche dai giovani della nostra comunità che capiscono l'importanza del suo operato al fine di lasciare una sostanziosa eredità culturale per le generazioni future.
Quando, nel 2007, sono arrivata a Beverino, per la mia lentezza nell'associare ad ogni nome il rispettivo volto, mi riferivo a lui dicendo "quel signore con gli occhi azzurri che sorridono", e chiunque non poteva far altro che constatare che la mia osservazione era giusta. E come si fa a non sorridere quando si è coscienti di essere circondati da tanti bei ricordi.
Memorie d'infanzia.
Gli ho chiesto di donarmene qualcuno, ha accettato e il primo che gli viene in mente è quando da bambino aspettava la festa della Madonna del Trezzo che cade a Luglio di ogni anno. Si ricorda che quel giorno "veniva sempre la signora con il gelato nel bidone con il ghiaccio". Erano i primi anni della seconda metà del novecento non c'erano molti mezzi, quindi anche le piccole cose potevano trasformarsi in una gioia e questo lo fa ripensare a un ricordo dell'infanzia di suo padre, nel periodo antecedente la prima guerra mondiale, e ammette che riflette ogni volta su quanto egli avesse ancora meno di lui, ma ciononostante gli aveva tramandato il suo ricordo speciale della festa.
Papà Paganini gli raccontava delle pecore che possedeva la sua famiglia e di quanto fosse impegnativo e faticoso portarle al pascolare tutte le mattine prima di andare a scuola. Corvara, oggi frazione di Beverino, al tempo aveva la sua scuola. Paragonati ai giorni nostri, erano periodi tristi in cui si viveva solo del quotidiano: o focaccia di granturco cotta nei testi o castagnaccio avvolto in foglie di castagno sempre cotto nei testi.
Oggi il castagnaccio viene servito come dolce di fine pasto semplice o accompagnato da miele e ricotta, per alcuni è una vera delizia , ma all'epoca era un companatico essenziale perché il pane di farina di frumento veniva preparato solo in rare occasioni, per esempio quando in casa c'era qualche persona malata.
Per fargli capire quanto era magra, gli raccontava che quando si recava al pascolo sua mamma gli dava sempre un avanzo di castagnaccio o di focaccia assieme ad una cipolla fresca. Quando i bambini iniziavano a far colazione seduti tutti insieme, nel momento in cui tirava fuori la cipolla gli altri gli facevano osservazione dicendo con invidia che lui era proprio fortunato ad averla.
Tutto questo mi fa pensare che oggi per i bambini il giorno di festa è tale perché non devono andare a scuola e possono dormire un po' di più, prendendosela comoda in tutte le loro cose. Ma in quegli anni in tutta la Val di Vara c'erano bambini emozionati che nei giorni di festa si alzavano all'alba, forse prima del solito, per correre, spinti dall'emozione, a fare il loro dovere per essere liberi per andare alla festa. Ecco il senso del vivere del quotidiano, un quotidiano che non si poteva rimandare, fatiche che quel giorno si facevano con gioia.
Col pensiero ritorna poi alla sua storia, quella del gelato e per un attimo riassapora "tanta soddisfazione" che si provava nel fare quell'esperienza una volta all'anno e solo per quella festa. Con gli occhi illuminati dal suo sorriso aggiunge che, prima di avviarsi verso casa, la signora gli vendeva due tre caramelle ciascuno che mangiavano durante il cammino. "Gli vendeva" allora io ripenso a che generazione meravigliosa, da queste parole, con una frase che ha come soggetto colei che vendeva e non colui che comprava, traspare gratitudine verso chi era percepito come un "cofattore di magia della festa".
Lo sento riflettere a voce alta di soldini, allora non posso fare a meno, memore dei racconti di povertà dei miei nonni, di chiedere se i suoi genitori fossero benestanti e lui subito mi risponde con queste parole "ma no figurati i miei genitori erano persone umili" suggerisco allora la possibilità che ci fosse stato qualche zio premuroso, ma lui ci tiene a precisare "tu non hai idea dei sacrifici generosi che venivano fatti per darci quei pochi preziosi spicci".
Una lezione sullo stare insieme.
Qualche attimo di silenzio poi Luciano si fa serio, mi fa cenno di lasciarlo parlare e mi dice che deve fare una precisazione, perché secondo lui è importante che io capisca cosa fosse e che spirito animasse una festa ai suoi tempi, per farlo deve iniziarmi al concetto di "invito. Resto stupita, e tra me e me mi dico "alla mia età saprò bene cosa è un invito!" e con la fretta della mia generazione gli chiedo se si riferisce agli inviti a casa a mangiare, lui interrompe le mie parole con il gesto che chiede pazienza di ascoltare, così mi spiega che sino agli anni '90 non si poteva venire alla festa del paese se non si era stati invitati e che ogni festa aveva i suoi ospiti. Poi parte con una spiegazione magistrale degna di un corso di sociologia.
Le parole di Luciano: "Devi sapere che Corvara ha quattro feste annuali principali: San rocco che cade il 16 Agosto; la Madonna del Trezzo che si festeggia la prima domenica di Luglio dopo l'uno" si assicura che io abbia capito che se la prima domenica è proprio il 1° di Luglio non va bene e si passa alla domenica successiva, mentre se la prima domenica cade il 2 allora si può fare la festa, poi continua ad elencare"Sant'Anna il 26 di Luglio e San Michele il 29 settembre". Mi osserva qualche secondo, per darmi il tempo di fare eventuali domande poi prosegue nella sua lezione: "In queste feste era tradizione fa gli inviti ai parenti non residenti nel Borgo, ma ogni festa aveva i suoi invitati specifici. Ad esempio per San Rocco gli inviti potevano essere fatti dai soli abitanti di Corvara centro così come per S. Anna solo da quelli di Bertogna e del Castello (dalla porta d'ingresso al borgo fortificato, il Castrum fortificato). A San Michele gli invitati erano pochi perché l'evento coincideva con la vendemmia e la raccolta dei funghi, così la gente era troppo impegnata per dedicarsi agli ospiti. Tutto si consumava con la partecipazione alla messa solenne e ai vespri. Gli abitanti del Trezzo avevano l'esclusiva alla festa della Madonna del Trezzo, con il suo santuario annoverato tra quelli della madonna del Buon Viaggio. E tutte queste consuetudini si sono mantenute sino all'ultimo decennio dello scorso secolo."
La tradizione oggi.
Io non sono mai stata ad una di queste feste (coincidono con i turni del mio lavoro), ma ricordo che alcuni turisti che si sono imbattuti nella festa per caso, mi hanno riferito con stupore di non essere riusciti ad "imbucarsi" alla "mensa" di San Rocco. Mio figlio c'è stato e mi ha raccontato di lunghe e gioiose tavolate in piazza, alle quali chiunque può partecipare su prenotazione. Per una sera gli abitanti del borgo ospitano, come un tempo, chi vuole tornare nel paese di origine assieme a chi lo vuole scoprire in una esperienza a misura d'uomo. (Ovviamente non si tratta di una festa "consumistica" priva di fascino e sino ad esaurimento grandi scorte).
Prima di salutarmi Luciano vuole tornare ancora una volta al ricordo dei gelati, così mi svela che non era l'unica attrazione, infatti alla festa arrivavano anche molti venditori di bevande (bottegai e osti della zona), che per le persone dell'epoca erano attraenti come una giostra odierna, e dai quali i bambini compravano l'aranciata per collezionarne i tappi con cui giocavano, a mo di biglie, ad un fantasioso "Giro d'Italia".
Alla festa c'era una così alta affluenza che tutti i venditori a fine giornata potevano vantare un guadagno soddisfacente. Mi racconta che arrivavano sul posto la mattina presto per delimitare ciascuno i pochi metri necessari con frasche di castagno verdi che avevano la duplice funzione di separare e ombreggiare dal forte sole estivo. per la precisione piantavano pali di legno a mo di pergola e tendendo del fil di ferro tra di essi creavano il supporto per le frasche.
Caro paziente maestro.
Ora resta solo l'interrogazione per vedere se ho studiato e ricordo tutte le località di Corvara, ma non si stupisce quando ammetto di aver bisogno di una ripetizione in materia, così tra il divertito e il professionale mi aiuta a ripetere più volte questi nomi a mo di cantilena: "Corvara Bassa nel 1200 era composta da Pian di Barca, Grondi(dal ponte romano), Casalino, Fò " e qui, non posso fare a meno di sottolineare che è la frazione dove viveva "Aldo di Fò" una delle prime persone che ho conosciuto venendo a vivere in zona), poi proseguiamo con l'elenco: "Frassonedda, Trezzo e Chiapparino; invece Corvara Alta era composta da Piedaterra, Ospitale, Montale, Piazza (dove c'e la chiesa), Cafaggio (che vuol dire luogo chiuso o serraglio per animali) Castello, Stretta, Prato e Bertogna". Mi guarda serio e poi mi chiede "Hai capito che te li ho detti a salire dal piano?" "Si ora che me lo fai notare è vero" rispondo io, ma maestro Paganini incalza dicendo "Allora fammi vedere come li hai scritti?", metto in ordine sotto la sua supervisione poi lo ringrazio per la disponibilità, la generosità e la fiducia.
Piccola riflessione di mia madre
Qui sotto voglio riportare un pensiero di mia mamma (Sassarini Olga, classe 1952 nata a Monterosso) sul paragone dell'attrattiva che esercitavano i venditori di bevande con quella per una giostra odierna: la presenza di molti venditori dava la possibilità di "giostrarsi" amici e i parenti, si proponeva una bevuta insieme, ma lo scopo era fare conversazione per instaurare o consolidare i buoni rapporti, era un susseguirsi di "Cosa bevi? Vieni che ti offro da bere" "Sta bravo che voglio offrire io" " No ora tocca a me, tu offrirai al prossimo giro, ora ci penso io".